Nel maggio di quattordici anni fa, in Algeria, sette monaci trappisti cadevano sotto i colpi degli integralisti islamici, testimoni di un’autentica fede in Dio e di una profonda amicizia verso il popolo algerino. In questi giorni a Cannes la Francia viene rappresentata da un film che ne ricorda la storia.

Il suo titolo è Des hommes et des Dieux e racconta proprio la drammatica vicenda dei sette monaci trappisti assassinati a Tibhirine, in Algeria, nel 1996. Una vicenda, questa, che scosse la laicissima Francia e che ancora oggi rimane oggetto di indagini, giudiziarie e giornalistiche. Secondo la tesi ufficiale, i monaci vennero rapiti dal Gia (Gruppo islamico armato) nella notte tra il 26 e il 27 marzo del ’96, per poi essere uccisi nelle settimane successive. Ma i loro corpi non vennero mai rinvenuti, se non le teste, decapitate, il 30 maggio. A produrre la sceneggiatura di Des hommes et des Dieux è stato Étienne Comar, che si è avvalso di una consulenza monastica particolare, ovvero quella di Henry Quinson, un religioso di Marsiglia balzato alla notorietà per il suo singolare iter di vita: da operatore di borsa a New York a frate cattolico, il tutto raccontato in Dallo champagne ai Salmi. L’avventura di un banchiere di Wall Street diventato monaco di periferia (San Paolo).

La platea della croisette ha accolto bene il film, come scrive Paola Casella sul Sole24ore: Des hommes et des dieux è stato accolto in sala stampa da abbondanti applausi e ha commosso pubblico e critica, nonostante cinematograficamente sia poco agile, dato che riproduce i tempi dilatati e l’assenza di ritmo della vita dei monaci, scadenzata non da un montaggio hollywoodiano ma dalle orazioni (i canti intonati ripetutamente dai monaci rischiano di qualificare il film come “musical gregoriano”) e dalle attività quotidiane del gruppetto di duri e puri arroccati sulle montagne algerine. A chi glielo fa notare, Beauvois replica: «Gli spettatori sono competenti, e in grado di fare un piccolo sforzo per immergersi in un mondo di contemplazione».

Chi ha visto il film assicura che riesce a far emergere al contempo le singole individualità così come la tenuta complessiva di un gruppo animato da una fede che non si trasforma in esclusione ma che vuole, fino all’ultimo, tradursi in atti di condivisione sia all’interno che all’esterno. In un mondo distratto dal succedersi di eccidi e stragi quello che ci lascia il film e soprattutto la figura più carismatica del gruppo, frère Christian De Cherge, è una testimonianza. Non viviamo forse noi nel mondo che ha sempre più bisogno di testimonianze per poter credere in qualcosa?

Voglio allegarvi il testamento che  frère Christian scrisse, una vera e propria preghiera unica e commuovente.

Testamento spirituale del Padre Christian de Chergé

Quando si profila un ad-Dio

Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me : come potrei essere trovato degno di tale offerta ? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.

La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.

Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.

Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che un popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio.

Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno la “grazia del martirio”, il doverla a un algerino chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’islam.

So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.

L’Algeria e l’islam, per me, sono un’altra cosa; sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.

Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: “Dica adesso quel che ne pensa!”. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità.

Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.

Di questa vita perduta, totalmente mia, et totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto.

In questo grazie, in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso!

E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!

Insc’Allah

Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio 1994
Christian