Le casualità sono sicuramente tra gli stimoli più pressanti della mente umana, quando ti capita qualche “coincidenza casuale” è quasi inevitabile fermarsi a riflettere.
Anzi, secondo me è proprio il tempo che passi a rifletterci che distingue gli uomini tra di loro e dagli animali.
Ed ecco che questa mattina è capitato anche a me…
Apro La Stampa online mentre faccio colazione e subito quasi magneticamente i miei occhi si muovono su un titolo: Il piccolo afghano che insegue Londra.
Visto che tra qualche giorno dovrò andare anch’io nella capitale inglese, mi decido a clikkare il link e leggere… sarebbero troppe da elencare le riflessioni suscitate, troppo banali forse, ma quando a decidere è l’emozione e non la ragione la banalità scompare e tutto è concesso…

Ecco l’articolo:

VARAZZE
Il ragazzino di dodici anni scappava dal sangue dell’Afghanistan sognando Londra. La polizia l’ha fatto scendere dal trenino di montagna che da Torino e Cuneo scende tra Francia e Liguria. Karim Z. era zitto e guardava fuori. L’ispettore capo Guido De Simone è passato ed è tornato indietro: «Afghanistan?». Sì. «Vieni con me».

Karim è entrato in ufficio, ha vuotato le tasche, ha risposto in buon inglese alle domande, ha preso il pennarellone rosso e ha compilato il modulo: nome, cognome, data di nascita, provenienza – Jalalabad, Afghanistan. Quiete da adulto stemperata in sguardo infantile quando De Simone e il vicequestore Mauro Cardone gli porgono una Coca Cola. E’ come se Karim si ricordasse di essere «anche» un bambino.

Nella stazioncina tra i monti e poi nella Comunità L’Ancora di Varazze il ragazzo è diventato messaggero d’una fuga e una meta. Un anno fa, in questo medesimo ufficio si erano raccontati una quindicenne incinta di sette mesi e il fratello di lei, più piccolo di due anni: «Taleban, taleban», ripetevano e alle domande sui genitori e il padre del nascituro strisciavano – meccanici e solitari – la mano destra sotto la gola. Sugli stessi vagoni questo manipolo di poliziotti aveva incontrato l’iracheno Ahmad: andava a Sanremo dal ricco torinese che gli dava da mangiare, lo faceva dormire – anche dormire – tra lenzuola pulite.

Questa settimana per il «fortino» di Limone Piemonte transitava il pacato Karim, jeans puliti, giubbotto in pelle nero come nuovo, tutt’altro che denutrito, determinazione e fiducia sul volto. Ha consegnato la carta di una ricarica telefonica fatta in Grecia, i sei euro che gli erano rimasti e ha rivoltato le tasche: nient’altro. L’altro è nella memoria, dietro occhi e gesti. L’unica emozione è quando sale sulla Punto della Polfer che lo porta a Varazze: si piazza tra i due sedili a guardare la strada, una Limousine dentro un film.

Varazze. Comunità L’Ancora. Una sezione residenziale, dodici posti per i percorsi di recupero lunghi, per chi troverà lavoro, affidamento familiare, un futuro. Una sezione di pronto intervento, otto posti per minorenni d’Africa e d’Asia, Rom e italiani in difficoltà, pescati tra il borseggio e il vagabondaggio, la paura e l’arroganza. E’ qui che si comincia a parlare, è qui che il segreto d’un viaggio dissemina spezzoni di traversata del deserto e punti fermi come oasi o stazioni di posta: cibo, abiti, riposo e via di nuovo.

Fausto Romano dirige la Comunità. Avverte: «Questa non è fuga dalla miseria, andare a cercar fortuna pensando al ritorno. E’ un addio». Dietro Karim e gli altri come lui, c’è un legame reciso. I racconti sono coriandoli scuri, non un filo unico: «I genitori hanno deciso. Via di qui, la vita è di là». Ecco le prime parole della confidenza. Una famiglia raccoglie i soldi che può. Nel caso di questo piccolo uomo tenace è una famiglia agiata ma in pericolo. Si paga un viaggio che è un regalo e un ordine. Là a 12 anni non sei più un bimbo sul quale veglia mamma. Sei pronto. Sull’itinerario del viaggio – auto, tratti a piedi, camion soprattutto, «fra i teloni o nel doppio fondo» – poco sanno: «Stavo al buio, non so quanto tempo, immobile, senza mangiare e bere, anche giorni, finché non mi chiamvano fuori per sgranchirmi». E poco dicono. In gioco c’è la vita della famiglia.

Rotta verso la Turchia: «Importante è arrivare in Grecia». E’ la prima stazione importante: «Lì ci sono dei nostri, ci aiutano». Si aspetta l’imbarco: «Se è già tutto pagato ti mettono sul camion che andrà sul cargo. Se no ti arrangi. I nostri ti consigliano come salire». Si passa il mare. Bari, a volte Ancona. Sei in Europa. Paura? «Di che? Aspetti. Arriverai». Fame, sete? «E’ un viaggio». Come soldati, come bambini, una sospensione inevitabile tra uno scenario di sangue e una meta di futuro.

Karim sa di dover andare a Roma e a Roma arriva. Passa in un centro di volontariato: l’hanno sfamato e rivestito. Ha altre tappe in mente: Torino, varco di frontiera, Lione, via del Nord, Parigi e poi Calais. Da lì Dover. Dove vuoi andare Karim? «Inghilterra. Londra». E perché Londra? «Conosco gente». E come la trovi questa gente? «Chiedendo». Londra non è un villaggio. «Si trovano». Fausto Romano: «Navigano con le stelle». Di oasi in oasi.

A ciascuno fra queste mura spiegano le possibilità di avere un futuro. «Inghilterra, Germania». Un vestito, un borseggio in stazione, qualcuno che approfitta di loro ma garantisce un nuovo pasto e un altro treno. Karim – bambino con un sogno adulto – è ripartito ieri. Italia-Francia, penultima tappa. Capolinea Londra.