Mi è sempre piaciuta questa espressione che mi ha detto un giorno un caro amico prete: “Nella vita siamo liberi di scegliere tutto, amicizie, carriera, futuro, l’unica cosa che non possiamo scegliere è la famiglia dove nascere”.
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Mi è sempre piaciuta questa espressione che mi ha detto un giorno un caro amico prete: “Nella vita siamo liberi di scegliere tutto, amicizie, carriera, futuro, l’unica cosa che non possiamo scegliere è la famiglia dove nascere”.
In questi giorni leggo sui giornali storie che minano, seriamente, il mio ottimismo, il mio modo di vivere nel mondo. Leggo di madri egoiste, di mariti uxoricidi, di giovani e anziani, disperati, perché senza futuro. Vorrei sentirmi dire: “Son i giornalisti che esagerano, ormai passano solo notizie tragiche” ma nessuno me lo dice più. Sembra una visione apocalittica ma prendendo i mezzi e per le strade vedi tante, troppe, facce tristi.
Oggi mi sono svegliato come ogni mattina alle 5:30 per andare a lavoro, come ogni mattina ho letto quasi appena sveglio la mia pagina del Libretto della Quaresima, da buon cattolico ho ringraziato Iddio per quello che ho.
E’ andata in onda ieri in tarda serata su RAI1 la puntata dello Speciale TG1, settimanale del tg che questa settimana si è occupato delle mafie e in modo particolare della ‘ndrangheta.
Ospiti in studio il giornalista Giovanni Tizian e il Magistrato Nicola Gratteri
La puntata come potrà vedere chi è curioso di guardarla ( clikkare su questo link ) è un’abbuffata di retorica, sui mali della Calabria e sul “però non sono tutti ‘ndranghetisti”. Dispiace perché la conduttrice (Monica Maggioni) è sicuramente tra le migliori del Tg1 e quindi ci si sarebbe aspettati un po più di incisività.
Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi è un vecchio film degli anni ’60, un film che a riguardarlo ci ricorda com’erano i giovani d’allora, spensierati presi nel bel mezzo di quello che è stato il miracolo economico italiano. Ma che c’entra Zaccagnini con quel film e soprattutto con i giovani d’oggi?
Su molti giornali e in svariate trasmissioni televisive sentiamo ripetutamente parlare di “Cervelli in fuga” e ci raccontano la storia di chi scappa via dall’Italia (o forse sarebbe meglio dire dagli italioti?).
L’elettore di destra non li vuole, è naturale. Ma non li vuole neanche l’elettore moderato, quello che dice «B. mi ha stufato e sarei disposto a cambiare, però come faccio a votare quelli là?». Soprattutto non li vuole l’elettore di centrosinistra, che alle «primarie» si schiera sempre con il candidato non sponsorizzato dal Pd. Lo si è appena visto a Milano dove l’architetto Boeri era favorito, poi gli è piombato fra capo e collo il sostegno di Bersani e addio. Ma quindi chi li vuole ancora, questi capi e capetti democratici che invano Nanni Moretti licenziò in tronco a piazza Navona, ormai quasi dieci anni fa? La risposta è semplice: nessuno, tranne gli amici intimi e l’apparato di partito. I pentiti del centrodestra non si fidano di loro perché vengono per lo più dalla segreteria del Pci. E il popolo di sinistra li percepisce come piccoli Breznev che siedono da troppi lustri sul palco delle autorità. Prima che la politica, il problema riguarda la psicanalisi: è un rifiuto mentale, un fastidio fisico, il convincimento radicato che una classe dirigente di amministratori di Palazzo, senza un nuovo progetto di società né l’energia per realizzarlo, sia la meno adatta a scuotere questo Paese dal cinismo e dall’abulia.
Paola Caruso, giornalista professionista da sette anni collaboratrice del Corriere della Sera, è entrata ieri in sciopero della fame – e della sete, poi sospeso – per protestare contro il comportamento dell’editore e della direzione, che considera vessatorio nei suoi confronti. La stessa Caruso ha raccontato la sua storia sul suo Tumblr.
Siamo tutti vittime della stessa macchina. La macchina del dolore, che si nutre di casi umani e in cambio macina numeri dell’Auditel, quelli che fanno la gioia e il fatturato dei pubblicitari. Loro, i burattinai. Gli altri – giornalisti, pubblico, ospiti – i burattini. Colpevoli, naturalmente, ma solo di non avere la forza di strappare il filo. Federica Sciarelli è una giornalista in gamba e una persona perbene, ma forse ha mancato di freddezza. Avuto sentore della notiziaccia, avrebbe dovuto mandare la pubblicità e soltanto dopo, lontano dalle luci della diretta, rivolgersi alla madre in pena, invitandola ad allontanarsi dal video e a chiamare i carabinieri. Una questione di rispetto, ma in questa società di ego arroventati chi ha ancora la forza e la voglia di mettersi nei panni del prossimo, guardando le situazioni dal suo punto di vista?
Tre mesi fa, in un discorso all’università della Carolina del Sud, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha deciso di parlare dell’economia della felicità. Dato che siamo ancora nel bel mezzo della crisi economica più grave degli ultimi cinquant’anni, potrebbe sembrare una scelta frivola.